Il 31 marzo 2022 coinciderà con l’ultimo giorno in cui le aziende potranno ricorrere allo smart working semplificato, introdotto sin dall’inizio dell’emergenza COVID-19 al fine di incentivare il lavoro da casa riducendo così il rischio di assembramenti e la diffusione del virus, oltre a rappresentare un valido strumento per garantire una continuità produttiva di fronte ai provvedimenti che limitavano la circolazione delle persone, soprattutto durante il primo lockdown.

Aggiornamento del 18 marzo 2022: proprio mentre stavamo pubblicando questa guida il Governo, a sorpresa, all’interno del Decreto Covid appena approvato, ha spostato la data di cessazione del regime semplificato emergenziale dello smart working al 30 giugno 2022. Pertanto il regime semplificato non terminerà più il 31 marzo, ma il 30 giugno e tutte le date indicate in questa pagina sono da spostare in avanti 3 mesi.

Smart working dopo il 31 marzo 2022: chi potrà continuare a lavorare a distanza

Dal 1° aprile prossimo, le lancette ci riporteranno allo smart working pre-pandemia quello, per intenderci, disciplinato dalla Legge 22 maggio 2017 numero 81 dove, al Capo II, con l’obiettivo di incrementare la competitività ed agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro si è voluto promuovere il lavoro agile come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti.

Una differenza però rispetto al passato è la spinta verso la regolamentazione (da parte della contrattazione collettiva) del lavoro agile nella fase post-pandemica. E’ non a caso su questi presupposti che il 7 dicembre 2021 il Ministero del Lavoro e le Parti Sociali coinvolte (rappresentate da Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Usb, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Allenza cooperative, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Abi, Ania) hanno siglato un documento dal titolo “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato.

Il testo si pone appunto l’obiettivo di fornire linee di indirizzo

che possano rappresentare un efficace quadro di riferimento per la futura contrattazione collettiva, nazionale e aziendale e / o territoriale, fermi restando gli accordi in essere anche individuali”.

Analizziamo nel dettaglio come sarà il lavoro a distanza dal 1° aprile 2022, alla luce delle Linee guida e della Legge numero 81/2017.

Ricorso al lavoro agile

Il ricorso al lavoro a distanza è potenzialmente esteso a tutti coloro che hanno stipulato un contratto di lavoro subordinato. Naturalmente deve trattarsi di mansioni idonee ad essere svolte da remoto, in particolare, come prevede la Legge numero 81/2017:

  • In parte all’interno ed in parte all’esterno dei locali aziendali;
  • Senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro;
  • Con l’eventuale utilizzo di strumenti tecnologici.

Esistono poi talune categorie lavorative che, rispetto ad altre, hanno priorità di accesso allo smart working, nello specifico:

  • Lavoratrici nei tre anni successivi la conclusione del congedo di maternità;
  • Lavoratori con figli in condizioni di disabilità grave.

Tra i principi definiti dalle Linee guida sul lavoro agile figura (articolo 1) che:

  • L’adesione allo smart working avviene su base volontaria;
  • L’eventuale rifiuto del dipendente a svolgere l’attività da remoto non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare.

Come ricorrere allo smart working dopo il 31 marzo

Con la fine dell’emergenza sanitaria da COVID-19, coincidente con il 31 marzo 2022, viene meno il ricorso al lavoro a distanza di tipo “semplificato”. Questo significa che a partire dal prossimo 1° aprile tutti i dipendenti privati potranno svolgere la prestazione lavorativa secondo le modalità “da remoto” previa stipula di un accordo individuale, in forma scritta, con il datore di lavoro.

La forma scritta, come disciplinato dall’articolo 19 comma 1 della Legge numero 81/2017, è richiesta ai fini della “regolarità amministrativa e della prova”.

Una volta stipulato l’accordo, questo dev’essere inviato a cura del datore di lavoro alla Pubblica Amministrazione utilizzando la piattaforma del Ministero del Lavoro, disponibile sul portale “cliclavoro.gov.it – Aziende – Smart working”.

Nella comunicazione dovranno essere altresì riportati i dati relativi a:

  • Lavoratore e datore di lavoro;
  • Data di assunzione;
  • Tipologia contrattuale;
  • Posizione Assicurativa Territoriale (PAT) e voce di tariffa INAIL;
  • Data di sottoscrizione, tipologia e (se a tempo determinato) data di fine validità dell’accordo di lavoro agile.

Tuttavia, come riporta Roberto Camera sulla pagina “ipsoa.it”, un emendamento alla legge di conversione del Decreto “Sostegni-ter” (D.L. del 27 gennaio 2022 numero 4) elimina l’obbligo di allegare l’accordo di smart working alla comunicazione da inoltrare sulla piattaforma ministeriale. L’emendamento, scrive Camera, prevede “unicamente la comunicazione dei nominativi dei lavoratori e la data di inizio e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, senza alcun allegato dell’accordo individuale”.

La semplificazione in parola, se confermata, sarà comunque operativa, una volta approvata la legge di conversione, previa emanazione di un apposito decreto ministeriale.

Quali aspetti devono essere disciplinati nell’accordo individuale

L’accordo di lavoro agile ha l’obiettivo di regolamentare lo svolgimento della prestazione al di fuori dei locali aziendali (articolo 19 comma 1), nel rispetto di quanto stabilito dai contratti collettivi (nel caso in cui disciplinino in materia), occupandosi in particolare di definire (articolo 2 delle Linee guida):

  • La durata dell’accordo (a termine o a tempo indeterminato);
  • L’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno ed all’esterno dei locali aziendali;
  • I luoghi eventualmente esclusi per il lavoro da remoto;
  • Le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, le condotte che possono dar luogo a responsabilità disciplinari ed in generale gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa da remoto;
  • Gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e le misure tecnico – organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione del dipendente;
  • Le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970 numero 300) e dalla normativa in materia di protezione dei dati personali;
  • L’eventuale attività formativa necessaria per svolgere la prestazione in modalità agile, nonché le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

Come recedere dall’accordo di smart working

La risposta dipende dal tipo di accordo:

  • Se questo è a tempo indeterminato la legge (articolo 19 comma 2) consente il recesso con un preavviso non inferiore a trenta giorni
    • (elevati a novanta con riferimento al preavviso da parte del datore di lavoro nei confronti di un dipendente disabile ai sensi della Legge numero 68/1999)
    • ovvero senza alcun preavviso in presenza di un giustificato motivo;
  • Se l’accordo ha un termine di validità (tempo determinato) ciascuno dei contraenti “può recedere prima della scadenza del termine” (articolo 19 comma 2).

Il lavoratore è libero di scegliere il luogo di lavoro?

La risposta è sì, purché il luogo scelto abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione (articolo 4 del Protocollo sullo smart-working), in condizioni di riservatezza e sicurezza, anche con specifico riferimento al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali “nonché alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali”.

La contrattazione collettiva può peraltro individuare i luoghi inidonei allo svolgimento del lavoro da remoto, per ragioni di sicurezza personale, protezione, segretezza e riservatezza dei dati.

Quali strumenti di lavoro utilizzare?

Fatti salvi diversi accordi tra le parti, è il datore di lavoro, di norma, a fornire la strumentazione tecnologica ed informatica (conforme alle disposizioni in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al Decreto Legislativo 9 aprile 2008 numero 81) necessaria allo svolgimento dell’attività da remoto (articolo 5 Linee guida), facendosi altresì carico delle spese di manutenzione e sostituzione.

In caso di utilizzo di strumenti tecnologici ed informatici propri del lavoratore, le parti provvedono a

stabilire i criteri e i requisiti minimi di sicurezza da implementare e possono concordare eventuali forme di indennizzo per le spese

Quali diritti ha il lavoratore a distanza?

Lo smart working è unicamente una diversa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Pertanto, il l’interessato ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo di coloro che svolgono l’attività in presenza.

Ci riferiamo in particolare a:

  • Retribuzione contrattuale ed altre somme previste da accordo aziendali e / o individuali;
  • Diritto a ferie e permessi retribuiti;
  • Applicazione, nei confronti del datore di lavoro, degli obblighi in materia di salute e sicurezza di cui al Decreto Legislativo numero 81/2008;
  • Tutela INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali connessi alla prestazione svolta all’esterno dei locali aziendali;
  • Applicazione di diritti e libertà sindacali individuali e collettive previste da legge e contrattazione collettiva;
  • Pari opportunità nell’utilizzo degli strumenti di lavoro ed arricchimento del bagaglio professionale grazie ad attività formative.
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